Inaugurazione del monumento

Il 17 agosto si inaugura il monumento a don Giovanni Cipriani

La scultura è una grande sinfonia

Giovanni Lerede

Il destino – ricordate il “Nulla succede per caso”, titolo della mostra di opere in forma di lenzuola allestita la scorsa estate lungo via Sedile? – ha voluto far incontrare l’artista Alessandro Fabio Basile con due straordinarie committenze, che stanno cambiando il suo percorso artistico e professionale.424949_2623566564602_49173692_n[1]

Dalla Nov’Arte Italia srl, società fondata a Turi da un gruppo di professionisti con anni di esperienza e di collaborazioni con le più importanti realtà internazionali del settore dell’arte, il maestro Basile ha ricevuto l’incarico di realizzare piccoli capolavori in argilla riprodotti poi in numero limitato in bronzo per essere poi proposte a collezionisti in varie parti d’Italia; dalla Associazione Musicale “Maria SS. Ausiliatrice” è giunto, invece, l’incarico (dopo bando di concorso) di realizzare un monumento intitolato: “Don Giovanni circondato da fanciulli”, in memoria del sacerdote fondatore dell’Oratorio e della Banda musicale, scomparso più di due anni fa. Si tratta di un’opera in pietra dalla valenza ‘locale’ ma con risvolti straordinari, in quanto opera commemorativa di un grande personaggio della storia turese più recente. Entrambe queste committenze hanno riportato in primo piano il “vero” Basile, che per innata vocazione, è soprattutto scultore e modellatore di corpi in tensione.
Maestro Basile, cos’è la scultura per lei?
«La scultura è l’Arte che in assoluto riesce meglio a trasferire allo spettatore la mia vera essenza. Nella scultura c’è tutto quello che tu sei, tutto quello che hai acquisito durante la tua esperienza. Ci sono cose che ti fanno star male e hai bisogno di tirare fuori da te. Scolpire è anche una preghiera , uno stato profondo, emozionale che vorresti trasferire nel lavoro che in quel momento stai eseguendo, qualunque esso sia. Io oggi associo la scultura alla musica, dando alla musica un concetto diverso, anche perché musicista non sono. La scultura e la musica stanno completamente abbracciate e questo è risultato più evidente durante la realizzazione del monumento a don Giovanni, perché la pietra che ho utilizzato per questa scultura suona come una ‘campana’, una formidabile cassa di risonanza con una sonorità tutta sua».

statua 1Quella pietra può essere, quindi, paragonata ad uno spartito musicale?
«Alla cava mi hanno avvertito: – E’ una pietra che suona! Ed è effettivamente così. E’ stato quel suonare a darmi le indicazioni giuste durante il lavoro, perché quando senti un bella vibrazione provenire dalla pietra ti rendi conto che stai scolpendo nel verso giusto e la scultura diventa musica… Scolpire è come eseguire grandi sinfonie che diventano preghiere. E vorresti, con il tuo lavoro, far arrivare il messaggio a ‘madre natura’ regolatrice di tutte le cose».
Come dipingerebbe la sua idea di scultura?
«Dipingerei un uomo disteso sulla nuda terra che con il suo pianto bagna le radici del più alto albero della Terra, sul cui ramo più alto c’è un passerotto che spicca il volo per cantare la profondità del tuo dolore…».
Qual è il significato?
«Significa che non basta una semplice preghiera a farti arrivare dove vorresti arrivare. Ci devi mettere dell’altro. Devi poter incastrare la tua vita tra gli elementi della natura, in modo che te la portino in giro per diffonderla, per poi farla ritornare a te in un momento indefinito di ascolto. Quando scolpisco grandi pietre come nel caso del monumento a don Giovanni, ma anche quando modello l’argilla in forme più piccole, io ci metto tutta la parte più profonda che in quel momento riesco ad esplorare. Nella scultura non c’è solo sforzo fisico, c’è anche il concetto della ‘pazienza’. Con la materia stai più tempo, hai un contatto fisico, c’è un rapporto a due. Nella scultura c’è tanta roba… Comunque, per un pittore, un musicista, uno scultore, un fotografo l’esplorazione è uguale: si ritorce dentro per poi esprimersi in varie forme».
Ci parli più diffusamente del grande masso dal quale ha tirato fuori le tre figure del monumento a don Giovanni Cipriani.
«E’ un masso di 3 metri cubi e dal peso di 78 quintali. Quelli della cava di Carovigno ci hanno tenuto a darmi questo blocco “prezioso”, rimasto all’aperto per tantissimi anni. Avevo chiesto loro una pietra compatta che mi desse la possibilità di comporre in tranquillità tutti i particolari della scultura; avevo anche bisogno di una pietra non troppo dura perché era impensabile realizzare in pochi mesi una scultura in marmo o in pietra dura. A Carovigno ho trovato il giusto compromesso ed è stato bello aspettare l’arrivo di questo masso raccomandatomi con tanto amore da un operaio della cava che ne conosceva bene le qualità».
Da dove si comincia una scultura?
«Sai già che in quel masso c’è l’opera che vuoi realizzare perché a monte c’è stato un lavoro di preparazione, c’è uno studio, un progetto e un bozzetto in scala. Il vero problema nasce quando dopo aver liberato le prime parti, ti rendi conto di essere, forse, andato oltre i tuoi limiti. Sembra incredibile. Quanta più pietra riesci a togliere, più lontana vedi la fine del lavoro. E allora son dolori! Dolori veri perché, preso dall’entusiasmo, si sottovalutano i problemi, anche fisici, inconsciamente rimossi. Hai letteralmente paura di non riuscire a terminare l’opera, anche perché totalmente in preda al panico, subentrano altri stati claustrofobici, che da una parte ti spingono a voler scolpire il più rapidamente possibile, in modo da liberare le figure dalla loro prigionia, dall’altro, avverti uno stato di immedesimazione, che crea paura di colpire la pietra, per timore di recare dolore alle stesse figure. Questo blocco mi ha creato un grave disagio…».
Cosa ha fatto sbloccare la situazione?
«Il tornare con i piedi per terra, il rendersi conto della realtà, che quello che si ha di fronte è solo e soltanto un blocco di pietra. Ed ho cominciato a fare finalmente lo scultore usando solo la tecnica. Ho “liberato” il parallelepipedo ma soprattutto ho chiesto aiuto, sinceramente ammettendo che in quel momento hai limiti che da solo non puoi superare. La condivisione è stata la chiave di svolta. Cosi si spiana la strada».
Perché la scelta di rappresentare don Giovanni seduto ad un masso?
«La decisione di sedere i tre personaggi è legata al mio ricordo di don Giovanni: un uomo concreto, seduto perché assolutamente con i piedi per terra; seduto su una pietra perché lui è stato un fondatore. Di qui anche la decisione di fare un monumento all’aperto, perché tutti potessero vivere, toccare, condividere in uno spazio facilmente accessibile. La sfida era proprio questa: fare una cosa più grande di me e lasciare un segno forte».
Il 17 agosto la scultura di don Giovanni sarà inaugurata. Quali sono i suoi progetti futuri?
«La collaborazione, per me molto seria, con Nov’Arte mi porterà a realizzare più opere e quindi dovrò compiere una scelta. Per 20 anni ho fatto il restauratore, seminando e raccogliendo molto, ora però la mia attività artistica sta diventando preponderante e devo dedicarci più tempo e studio. Vorrei anche poter continuare con la scultura monumentale. Vorrei anche sperimentare nuovi materiali: ferro, acciaio, resine… Si può fare arte con tutti i materiali, l’importante che siano coerenti con il tuo discorso, con le tue passioni. Adesso mi sento pronto ad aprirmi a qualsiasi cosa».

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