Chi arriva al niente, vince

 

Chi arriva al niente, vince

Giovanni Lerede

In volo verso l’infinito di luce – in direzione di un Dio, di un nuovo Eden o semplicemente di una nuova idea? – dopo aver conosciuto il groviglio di una società in cerca di se stessa. Corpi che, in basso (sulla terra), si muovono in una confusione dantesca, quasi fosse l’inferno dei senz’anima; invece in alto (nel cielo), in un volo verticale, i pochi corpi che sono riusciti ad evadere dalle maledizioni del nostro tempo raggiungono il sogno di una vita differente dopo essere caduti così tanto in basso da riceverne una spinta formidabile alla risalita. Dalla pesantezza alla leggerezza, dal buio alla luce.chiarivalanientevince01
Il maestro Alessandro Fabio Basi
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, in questa nuova opera “gigante” (dopo le lenzuola appese nel Centro Storico di Turi qualche anno fa), dimessi per un momento i panni dello scultore di monumenti o di modellatore di terre morbide, sceglie di dire ancora una volta qualcosa di forte all’umanità dolente con segni e colori.
“Chi arriva al niente, vince” è il titolo scelto dall’artista per l’installazione d’arte presso la suggestiva chiesetta di Santo Stefano piccolo, nel centro storico di Putignano (dal 9 al 16 agosto a cura dall’Associazione culturale ‘Labor Limae’).
Il maestro Basile, prendendo in prestito brandelli di pittura dai ‘dannati’ di Signorelli, dal “Giudizio Universale” di Michelangelo e finanche dal Picasso di “Guernica”, ne reinventa i segni creando un ‘arazzo verticale’ che vuole essere, forse, un’ancora di salvezza, un salvagente lanciato all’affogante per facilitargli l’approdo verso la vita nuova.
chiarrivalaninetevince02Colori che si affastellano in segni intricati, corpi nudi senza vergogna che non hanno dove nascondersi agli occhi di chi guarda stupefatto un’umanità autodistruttiva, cieca, sorda. Sono segni, quelli di Basile, ‘incisi’ nel tessuto quasi fosse carne viva e lasciati poi cadere (o volare?) dalla cupoletta di un malconcio quanto struggente tempio sconsacrato, simbolo esso stesso di un’esistenza ricca di secoli. Pennelli come coltelli tracciano facce inconsapevoli e mani disperate: chiedono aiuto e al tempo stesso indicano la direzione, la possibile via d’uscita. La luce è in alto. E’ lì che finisce il tunnel. Alziamo lo sguardo, ognuno invocando il suo Dio, ognuno elaborando la sua idea, ognuno mettendo in pratica il suo progetto di libertà. In alto, però, si deve poter andare senza zavorre, senza accumuli, liberandosi di tutto. Nudi alla meta, per poter ricominciare. Ma con umanità.

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