Bersagliere d’Italia

Bersagliere d’Italia

Come un “non finito” di Michelangelo

Giovanni Lerede

Questa storia ha inizio da un gigantesco monolite che la terra di Turi ha restituito sul confine con Conversano-Rutigliano, in fondo alla strada di Alberodoro.

Due anni fa, più o meno, uno scasso aveva portato in superficie un gigante di 3,30×1,60×0,26 per 20 quintali di peso, che era poi rimasto lì in mezzo al campo. I bersaglieri dell’Associazione “A. Pedrizzi”,bersagliereditalia1 intanto, si erano messi in cerca di un’idea per un monumento e nel settembre scorso, il masso, finalmente, si è fatto notare: Mario Laera (uno di loro) l’ha visto ed è corso subito a dirlo ai compagni dell’associazione. Il progetto di un monumento al bersagliere, da inaugurare in occasione dei festeggiamenti dei 150 anni dell’Italia unita, poteva quindi partire.
L’avventura “monumentale” è durata qualche mese ed ha avuto due protagonisti principali: Alessandro Fabio Basile, restauratore, scultore, costumista… insomma, artista; e poi il lastrone. E’ stato un formidabile “corpo a corpo” di odio e amore, di delusione ed entusiasmo: il monolite andava plasmato senza fargli perdere l’anima; una fatica, una lotta che ha lasciato il segno: sul volto di Basile li leggi i segni scavati sulla pietra! Sono quasi una proiezione geometrica dei colpi di mazza e scalpello inferti al masso con ferri grossi, perché – fa intendere il maestro – il segno doveva essere di “matita grassa”, di materia sofferta; il risultato è un “non finito” michelangiolesco. Il calcare, durissimo, dopo le iniziali resistenze, si è lasciato lavorare, squartare, bucare e ruvidamente accarezzare: il bersagliere d’Italia, nudo nella sua forza di soldato – come una statua classica o del Ventennio – ha preso pian piano la forma di un discobolo attico.
Lo vedi finito e pensi: ma in quebersagliereditalia2sta opera non c’è solo il Buonarroti dei prigioni; c’è pure la materia bruciata di Burri, il Modigliani dei volti “africani”… Quel tocco di verde e di rosso slavato è solo una bandiera abbozzata, un contorno al bianco del masso senza pelle; il bersagliere di Basile non è una scultura policroma ma un altorilievo, un corpo morbido con il cappello piumato, la bandiera, la “garibaldina”, che emerge dalla materia dura.
Per Fabio Basile, quel monolite capitatogli per caso tra le mani (che non l’ha fatto dormire la notte!) è divenuto quasi una “pietra miliare”, o meglio uno spartiacque tra il prima e il dopo. E’ stata infatti l’occasione che gli mancava per guardare oltre e dare un diverso vigore alla propria vita creativa. Il maestro non nasconde la gratitudine verso Alberto Lenato, Franco Tria, Tonio Scisci e tutta l’Associazione “Pedrizzi” per la grande opportunità: loro hanno creduto in me, ma soprattutto – dice Basile – loro hanno creduto in un’idea, una buona idea, quale gesto d’amore verso un paese appesantito da chi invece non lo ama.
Il 28 aprile, giorno del montaggio del monumento nel giardino ‘in attesa di un nome’ tra via Vittorio Veneto e via Cisternino, leggevi nei volti di questi sinceri volenterosi la gioia composta per un traguardo raggiunto, increduli, forse, dell’impresa compiuta. Una gioia esplosa in emozione il giorno dell’inaugurazione ufficiale, il 5 di maggio, tra la folla di scolari, fanfare, autorità e popolo. Ora, le due facce di quella pietra di Puglia ben possono rappresentare la cerniera tra due pezzi importanti della nostra città: il Borgo Nuovo e Frascinali . La stele del bersagliere può essere, anche, l’occasione per ridisegnare tutta l’area intorno alle palazzine ex-INA casa, per farne un luogo di bellezza urbana, di richiamo sociale. Un luogo, cioè, della comunità.

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